L'emozione di Ryarusera fatta di persone, ricordi e solidarietà
Diario africano. Finalmente parto per Ryarusera.
Torno in un posto sperduto nel mondo dove ho vissuto da immigrato per più di due anni.
Sfido chiunque, non amico di don Enzo, a sapere dove si trova (senza l'utilizzo di google). Così accompagno i missionari caracciolini in visita: ripartiranno per il Congo a breve e ho preso l'impegno di fargli visitare le opere realizzate da don Enzo con il sostegno della nostra associazione.
Oggi è domenica e non ci sono collaboratori, guido io (per questo scrivo il resoconto tardi) non senza timore perché anche se ho fatto questo percorso tante volte, il territorio è cambiato in 10 anni. Dove c'erano campi ora ci sono quartieri nuovi con la relativa popolazione.
Il traffico, nonostante la penuria di gasolio, è caotico. Ho bisogno della guida per uscire da una città lasciata a 350mila abitanti e ritrovata a ben oltre un milione.
Visitiamo come prima tappa l'ospedale, "dispensario, centro di salute". Le suore che lo gestiscono ci accolgono con calore e gratitudine. Una di loro mi riconosce e comincia ad elencare la serie di problemi che hanno: l'acqua che arriva poco, le medicine, le strutture rovinate. Arriva la mamma di Spes e Nadia, due presenze importanti pe me è per don Enzo. Mi abbraccia come fossi suo figlio che non vede da anni. Mi porta da suo marito, a casa loro e ci riempiono di regali.
Mi mostra tante foto di persone che hanno accolto le loro figlie in Italia, permettendo loro di crescere. Riconosco Patrizia, sua mamma e sua figlia Giogió, poi Filippo e ancora il rettore dell'università di Teramo e, naturalmente, Enzo.
C'è anche una foto di Nadia con me e Gianni Melilla, era destinata a lavorare nei campi e oggi grazie a don Enzo e allo studio, si è laureata in Italia ed è ricercatrice in Germania.
Salutiamo e ci avviamo a visitare la chiesa sempre costruita da don Enzo poco lontano , l'ho vista in costruzione ma è la prima volta che ci entro: ho lo stesso stupore di chi visita la prima volta San Pietro a Roma o San Francesco ad Assisi. E penso al sacerdote che dopo aver costruito ospedale, scuole, centri di formazione per giovani si impegna per la costruzione della chiesa.
La chiesa di "carta" edificio lungo e stretto costruito con il ricavato della raccolta di carta degli studenti universitari di Teramo nel 1994 o giù di li, è diventata troppo piccola. Don Enzo, pur avendo trovato le risorse, convinto i tecnici e progettisti, garantito per la costruzione, non credo abbia mai celebrato in questa chiesa.
Ma i simboli scolpiti nel portale della chiesa diretta da Enzo, richiamano i suoi benefattori nomi della diocesi di Friburgo, o dl sacerdoti illuminati di quella Teramo, o l'associazione che lo ha aiutato, sono tutti lì. Ho cominciato a riflettere sul significato di gratitudine.
Oggi tante emozioni, sono stanco, a domani.
Torno in un posto sperduto nel mondo dove ho vissuto da immigrato per più di due anni.
Sfido chiunque, non amico di don Enzo, a sapere dove si trova (senza l'utilizzo di google). Così accompagno i missionari caracciolini in visita: ripartiranno per il Congo a breve e ho preso l'impegno di fargli visitare le opere realizzate da don Enzo con il sostegno della nostra associazione.
Oggi è domenica e non ci sono collaboratori, guido io (per questo scrivo il resoconto tardi) non senza timore perché anche se ho fatto questo percorso tante volte, il territorio è cambiato in 10 anni. Dove c'erano campi ora ci sono quartieri nuovi con la relativa popolazione.
Il traffico, nonostante la penuria di gasolio, è caotico. Ho bisogno della guida per uscire da una città lasciata a 350mila abitanti e ritrovata a ben oltre un milione.
Visitiamo come prima tappa l'ospedale, "dispensario, centro di salute". Le suore che lo gestiscono ci accolgono con calore e gratitudine. Una di loro mi riconosce e comincia ad elencare la serie di problemi che hanno: l'acqua che arriva poco, le medicine, le strutture rovinate. Arriva la mamma di Spes e Nadia, due presenze importanti pe me è per don Enzo. Mi abbraccia come fossi suo figlio che non vede da anni. Mi porta da suo marito, a casa loro e ci riempiono di regali.
Mi mostra tante foto di persone che hanno accolto le loro figlie in Italia, permettendo loro di crescere. Riconosco Patrizia, sua mamma e sua figlia Giogió, poi Filippo e ancora il rettore dell'università di Teramo e, naturalmente, Enzo.
C'è anche una foto di Nadia con me e Gianni Melilla, era destinata a lavorare nei campi e oggi grazie a don Enzo e allo studio, si è laureata in Italia ed è ricercatrice in Germania.
Salutiamo e ci avviamo a visitare la chiesa sempre costruita da don Enzo poco lontano , l'ho vista in costruzione ma è la prima volta che ci entro: ho lo stesso stupore di chi visita la prima volta San Pietro a Roma o San Francesco ad Assisi. E penso al sacerdote che dopo aver costruito ospedale, scuole, centri di formazione per giovani si impegna per la costruzione della chiesa.
La chiesa di "carta" edificio lungo e stretto costruito con il ricavato della raccolta di carta degli studenti universitari di Teramo nel 1994 o giù di li, è diventata troppo piccola. Don Enzo, pur avendo trovato le risorse, convinto i tecnici e progettisti, garantito per la costruzione, non credo abbia mai celebrato in questa chiesa.
Ma i simboli scolpiti nel portale della chiesa diretta da Enzo, richiamano i suoi benefattori nomi della diocesi di Friburgo, o dl sacerdoti illuminati di quella Teramo, o l'associazione che lo ha aiutato, sono tutti lì. Ho cominciato a riflettere sul significato di gratitudine.
Oggi tante emozioni, sono stanco, a domani.